Siamo tutti un po fanboy di qualcosa, inutile negarlo, ci sono quegli autori capaci di creare un feeling particolare con ognuno di noi in cui il giudizio ludico e oggettivo tente un po a fottersi soppiantato da una sorta di quasi amore incondizionato.
E' il caso del cinema di Kaufman, che come tutte le cose non è perfetto, ma che santiddio ogni volta è sempre un piacere tuffarcisi dentro.
Prodotto (e un po anche girato su diciamocelo, la mano di Jonze si vede) dagli amici di sempre Kaufman esordisce alla regia scrivendo e dirigendo un film "grosso" dall'aria scanzonata ma abbastanza ambizioso (come ogni scritto di Charlie) nel volere ricreare un involucro pieno del suo savuarfar.
In Syndecdoche c'è tutto, c'è il meta-cinema, il meta-meta-cinema, c'è il grottesco e il surreale, c'è l'uomo che affronta l'esistenza con l'ironia amara che avevamo conosciuto nel Ladro di Orchidee e Spike Jonze.
Riciclo di idee o marchio d'autore?? il confine è sempre labile, quello che conta è che la premiata ditta di New York riesce comunque a tirare fuori prodotti, con piu alti e bassi, a volte calcando un po troppo la mano, a volte meno che regala piccole perle di emozioni ( il gioco delle fate tra padre-figlia mi ha strappato un autentico brivido) ma che è capace di smuovere, di far parlare e pensare.
Siamo di fronte a una regia abbastanza solida, e la solita sceneggiatura intricata e andante, dove realtà e fantasia giocano a mischiarsi tra loro lasciando una gradevole sensazione di stordimento, siamo di fronte a un titolo ambizioso, imperfetto, un impalcatura sempre più grande che pecca di una vera e propria "linea guida" ma proprio per questo sentito, passionale, autentico come il vero cinema d'autore.
E' il bello di Kaufman, sai sempre cosa aspettarti, o come aspettartelo, e ogni volta riesce a essere soddisfacente.
E per fortuna che c'è ancora cinema così, davvero.
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