venerdì 4 dicembre 2009

La Pastorale di Kleiber


Primo post nell'angoletto e si parla di musica classica, ma non spaventatevi, sarà probabilmente un caso isolato.

Si parla di Beethoven (1770-1827), si parla di uno dei più famosi compositori della storia della musica, e si parla di una delLe Nove. I cupi echi Tolkeniani sono giustificati, la potenza che possiede la produzione sinfonica di Ludovico Van prende origine dalle stesse forze della natura, le forze primordiali che animano i principi stessi del mito.

La pastorale è la sesta.


Ma perché "di Kleiber"?
Perché quello che mi interessa ora non è la sesta in assoluto, ma la sesta nella direzione di Carlos Kleiber, il genio ritroso, il "più grande direttore del XX secolo", secondo molti dei suoi più illustri colleghi.

Un nastro perduto e poi ritrovato, l'unica direzione pubblica che Kleiber fece della sesta, con l'orchestra di stato bavarese, un disco prezioso.

La sinfonia è interamente pervasa da una intima comunione con la natura, coem si intuisce dai titoli dati ai cinque movimenti:

1-Risveglio di lieti sentimenti all’arrivo in campagna; Allegro ma non troppo;
2 – Scena presso il ruscello; Andante molto mosso;
3 – Gioiosa riunione di contadini; Allegro;
4 – Temporale, Tempesta; Allegro;
5 – Canto pastorale; gioia dopo la tempesta; Allegretto.

Dal primo movimento si sente l'impronta di Kleiber. Il tempo è quello annotato da Beethoven sulle partiture, 66 minime al minuto, indicazione spesso tralasciata e tradita dai direttori che via via hanno imposto la propria interpretazione al pezzo: non Kleiber, noto per il suo rigore, che la riporta al tempo segnato. L'intera sinfonia prende, rispetto ad altre celebri interpretazioni (Karajan e Bernstein su tutti), un ritmo più veloce, uno svolgimento più vitale e leggero. Kleiber ovviamente smentisce nella sua direzione le frottole di chi "e però più lento senti meglio i vari strumenti", nella sua direzione (parlo di tutta la sua produzione discografica) le opere, sebbene "più veloci", suonano molto più organiche e precise nel dettaglio che non i polpettoni da cinquanta minuti. Vabbè.

Il primo movimento è teso, è scattante e pronto, le legature e i tempi che si innestano tra loro non lasciano respiro. Il secondo movimento, la scena presso il ruscello, è più maestosamente bucolico, e i fiati che interpretano via via il canto e i richiami degli uccelli, sostenuti dal morbido fluire degli archi è magico, la scena si dipinge da sola.
La riunione di contadini è davvero gioiosa, e da metà in poi la potenza dell'esecuzione di Kleiber salta all'orecchio in tutta la sua strabordante vivacità.

Dio come avrei voluto vederlo dirigere questo pezzo. Il capovolgimento della terza traccia (al minuto 1.30) è qualcosa di pazzesco, per come prende il disegno generale ed inizia a tratteggiarlo di tinte scure, di sturm. Lo stesso moto tonitruante che ci porta dritti nel temporale/tempesta. Violento, roboante eppure mai nero pece, sempre illuminato da fugaci raggi di sole, cosciente che prima o poi il delirio finirà, ma non ora, non subito.
L'ultimo movimento non lo commento neanche, che se lo avete seguito finora vi rendete conto da soli di quanto sia meravigliosamente riuscito.


Ne ho sentite tante di interpretazioni di questo pezzo.
Buone, ottime, mediocri che siano, questa è un'altra cosa.
Non è perfetta, è registrata malino, qualche imperfezione nell'esecuzione c'è (non tante eh, è comunque un live), ma supera di due spanne il più limpido Karajan da studio: qua dentro c'è tanto di quel furore e tanta di quella passione da tirar giù un muro.
Non è una sinfonia facile, ma se uno vuole provare ad ascoltarla è questa la versione che io consiglio.
Ti fa maledire il cielo che Kleiber abbia diretto così poco nella sua vita, chissà che nona avrebbe fatto, chissà che Schumann o che Schonberg o che Mahler ci avrebbe dato.
Ma va bene così, è comunque stato un musicista unico, un genio.