lunedì 25 maggio 2009

[X-Box 360] Call of Duty: World at War


Comincio dalla fine: bel gioco, ma dovrete fare i conti con due cose: avrete armi ovviamente contestualizzate agli eventi e lo schema di gioco rimane quello consolidato visto anche in Modern Warfare, quindi zero novità!


Detto cio' passo subito ai PRO: la resa grafica e le animazioni di questo gioco rasentano lo stato dell'arte. Riflessi su pozzanghere, fumogeni treddi', effetti di luce realistici tutto ai massimi livelli ( unico rallentamento nella scena finale in cui in piazza c'erano non si sà quanti soldati, fumogeni e raid aerei vari, veniale direi ).

Ci alterneremo alla guida di un soldato Russo e di uno Amricano. Le missioni metteranno a dura prova le nostre capacità sia da fuciliere che di cecchino, peccando pero' nella varietà; pur trovando una limitata varietà di armi "nuove" sul campo i livelli sono giocabili anche solo con quella iniziale e spesso gli stessi achivement spiongono in quella direzione. Divertenti intermezzi a bordo di un aereo alle prese con la marina giapponese o di un carrarmato non risollevano il senso di "già visto" ristagnante nel gioco e la fine arriverà troppo "tardi" nonostante i pochissimi livelli affrontati.



Discorso LIVE: molto simile al collega moderno ma purtroppo complicato dal discorso storico. Ammetto pure che ho potuto giocarci pochissimo. Apprezzabile l'idea di una "niubbi league" in cui i nuovi possono impratichirsi con chi come loro non ha ancora superato il 7° Grado.


Le mie difficoltà legate alla scarsa confidenza col joypad, suprattutto in contesto FPS, in questo gioco sono state acuite dall'intefaccia poco "userfriendly" ( lol ) di un fucile senza redhot..( in realtà mi sarei accontentato pure di meno ) ma che ci possiamo fare se non lo avevano ancora inventato? :D Solo mirini antiquati e davvero piccoli quindi per fraggare gli eserciti nipponazzisti, scomodo. Fighissima invece la possibilità di contro-accoltellare i Jappo baglionettati semplicemente premento L3.


Il finale del gioco non mi è piaciuto. Musiche di trionfo per un impresa che infondo è tale solo nei significati... molto lontano dall'epicità e dal pathos del suo predecessore. Dopo i lunghissimi titoli di coda abbiamo la possibilità di giocare una particolare mod in cui i nazzisti sono diventati zombie e noi dovremmo resistere piu' a lungo possibile ai loro attacchi chiusi dentro una casetta di campagna. Assolutamente ridicolo che si possano telecineticamente riparere le finestre con delle tavole legno per evitare che gli sgraditi extraviventi mettano le tenda in casa nostra.



Concludendo Call of Duty: World at War è sicuramente molto valido dal punto di vista tecnico, ma allo stesso tempo monotono per chi ha giocato i vari prequel. Lanciafiamme e cani non possono bastare per chi ha giocato i precedenti. Mi ci sono divertito il tempo di abituarmi alla grafica... dopo è stato solo un volerne vedere la fine.

lunedì 18 maggio 2009

[X-Box 360] - Resident Evil 5

[X-Box 360] - Resident Evil 5

Come al solito arrivo per ultimo, ultimo all' x360, ultimo a giocare questo gioco.. ma visto che qui non se n'era parlato, beccatevi sta rece dell'ultima fatica in fatto di zombie in casa Capcom.

Per chi come me, i RE li ha giocati tutti, all'inizio del gioco avrà ben poche sorprese.
Si potrà' scegliere se impersonare Chris Redfield o Sheva Alomar, il livello di difficoltà e una volta premuto il tasto di avvio la solita voce roca [resident evool faiiv] ci introdurrà all'avventura.



Breve caricamento, allietato (??) da nozioni sulla storia della Umbrella e si è già nel vivo.
Ammetto che la grafica del gioco mi ha colpito molto. Lungi dall'essere lo stato dell'arte da il suo poVco lavoro soprattutto nelle animazioni ( senza contare i primi piano del didietro di Sheva - snob ). Le espressioni facciali dei protagonisti mostrano chiaramente i loro sentimenti attuali, rendendo quasi inutili i dialoghi, e se Chris non avesse a capacità di recitazione di Van Damme il gioco potrebbe essere un "capolavoro" di immedesimazione.



LA BSAA, la nuova compagnia anti-terrorismo per cui lavorano i due eroi, è impegnata in Africa a sgominare un pericoloso piano che porterà Umbrella e Tricell a conquistare il mondo ( niente po po di meno che! ) con un esercito di zombie mercenari. Ad intrippare di piu' il videogiocatore il mistero dietro la scomparsa di Jill Valentine ( in se diciamolo pure un po' banale e prevedibile ).

Durante il gioco si potranno trovare, ma anche comprare (!!), armi nuove o migliorare quelle vecchie, ci faremo d'erba per curarci ( pippotto ) e risolveremo i soliti enigmi del tipo trova la chiave, sposta lo specchio per far riflettere la luce o simile..ma anche integrazioni vere e proprie del gioco di coppia, in cui uno dei due dovrà procedere da solo e quindi scoperto alla risoluzione di un passaggio particolare.



La difficoltà del gioco risiede ( e in parte per il sottoscritto ne è anche un limite ) nella solita mancanza di proiettili ( e no, questi al negozio non si possono comprare ), ma se negli episodi precendenti gli zombie effettivamente li trovavi proprio dove non te li aspetti e la componente horror era dominante, in RE5 questi eco-terroristi-zombizzati-sensenzienti spaventano solo per ... il mostruoso dettaglio grafico e le animazioni. Cosi' scappare per risparmiare colpi ci fa solo apparire vigliacchi difronte ad un nemico tutt'altro che temibile o ( soprattutto direi ) che ci ha colti di sorpresa.

Levata la compenente "fifa" a questo gioco rimane solo una storia, che sappiamo tutti dove ci porterà, e la voglia di scoprire nuovi livelli e mostri ( di questi in vero non mancherà varietà ). I mostri di fine quadro sono enormi ( in alcuni casi davvero molto enormi asd ) e ( fortunatamente ) non tutti li uccideremo solo continuando a sparare...ma cercando il punto debole specifico e passando minuti ad aspettare che si concretizzi l'occasione per colpirlo.


Sono arrivato al finale un po' annoiato dal solito ripetersi delle situazioni già viste negli episodi precedenti ma fortemente motivato dalla potenza grafica del gioco. Il mostro finale lo si affronta in piu' "parti" e un prezioso check point ha evitato diverse volte che mandassi all'aria console e dvd prima di finirlo per lo stess di ricominciare. Merita? Mah... già visto..

Come nel capitolo precedente le fasi Laser Game Style sono divertenti e aiutano anche a stemperare un po' il ritmo dall'azione frenetica del gioco; non è stato facile il passaggio col pad dell' xbox a questo 3d in cui devi sparare a zombie che si muovono in maniera anche imprevedibile e con una certa intelligenza ( virtuale equilibrata e credibile ). Di contro invece il/la partner spreca clamorosamente le munizioni senza capire quando è il momento di sparare a raffica e quando no, anche se è possibile stabilire quale sia l'atteggiamento da seguire ( copertura/attacco ).



I comandi sono ben disposti e diventano subito familiari, comodo il poter cambiare arma utilizzanzo la crocera del pad nei 4 punti cardinali, solo il re-load è mal gestito e frustrante nelle fasi piu' concitate, ma è un difetto veniale.

Concludendo direi che RE5 mi ha regalato 7 ore di buon gioco anche senza stupirmi troppo per trama e originalità dei contenuti, la grafica, bellissima e animata benissimo lo ripeto, non incentiva pero' alla rigiocabilità, come pure i sottogiochi noiosi fin da subito. Il top della serie per me rimane ancora dopo 10 anni Resident Evil 2 per psx.

EDIT DI NEVADE: ma col cazzo RE4 spacca i culi ancora oggi a tutti gli amichetti del baretto.

domenica 17 maggio 2009

Byōsoku 5 Centimeter


Makoto Shinkai è, da alcune riviste del settore, ritenuto una sorta di erede artistico di Miyazaki, senza avventurarci in voli pindarici tra cosa accomuna i due autori diciamo che entrambi condividono una regia ottima, la capacità di emozionare parlando di cose semplici e la capacità, insieme a un ottimo staff, di dare vita a un opera visiva splendida.
Cinque centimetri al secondo è la velocità a cui cadono i petali dei fiori di cilegio ed è il titolo di questo OAV diviso in 3 episodi che parlano, in tre brevi storie, di una storia d'amore romantica e struggente fra due persone lontane, concentrandosi su tre "momenti" della loro vita (bambini, adolescenti, adulti).
Questo è tutto quello che bisogna sapere, il resto è racchiuso dentro il film, tra le musiche malinconiche, nei tantissimi e veramente mozzafiato paesaggi che compongono metà dell'opera.
Come nella migliore tradizione orientale, il silenzio, le inquadrature statiche, e i piccoli eventi narrati con una maestria veramente poetica (la scena del ritardo del treno su tutte) rendono il film una grande, colorata poesia da assaporare.
Cosa lo distingue da tante altre produzioni simili?
La stessa cosa che distingue In The Mood For Love da tanti film romantici, l'aria che si respirare, il tono dei dialoghi, le cose che accadono non scivolano addosso in un mare di clichet e frasi fatte, ma hanno il gusto della poesia nel saper trovare un loro tatto che si insinua nello spettatore, provocando autentici e sinceri brividi.
Poche volte mi sono ritrovato alla fine di un film con il magone in gola e gli occhi spalancati travolto da chissà quale meraviglia, l'ultimo finale così potente me ricordo solo con il bellissimo Ferro3, che forse, dico forse, in molte cose, si accomuna molto all'opera di Shinkai.
Presentato al Film Future Festival 2008 questa è la classica opera sconosciuta, capace di saper incantare ed emozionare, quei film che qualcuno si diverte a definire "poemi" o "arte" perchè esulano da regole filmiche normali per concentrare nelle cose che accadono un denso e in questo caso riuscitissimo veicolo emotivo che stordisce, affascina, e nello splendido, veramente meraviglioso episodio finale (passi la canzone non proprio azzeccata) riesce con un montaggio strepitoso a raccontare, in modo sincero e diretto, quelle cose che forse altri miliardi di film con miliardi di dialoghi non riusciranno mai.
Capolavoro.

venerdì 15 maggio 2009

Plants vs Zombies

Sono abbastanza affezionato agli scacciapensieri, recente retaggio del mio periodo 56k, giochini da giocare per 5-10 minuti, giusto il tempo di scaricare un misero megabyte dal sito di qualche professore. Anche adesso che la forza dell’adsl è potente in me e che nel tempo in cui scaricavo quel miserrimo file adesso potrei scaricare Bioshock (non ho detto che lo faccio! O che lo sto facendo adesso, per esempio! Ho detto che POTREI farlo, ma non lo faccio. Sono un cittadino onesto io) mi diverto ancora con questi giochino semplici e veloci.

L’ultimo provato in ordine di tempo si chiama Plants vs. Zombies, sviluppato da PopCap games, ed è fottutamente divertente.





PvZ appartiene al genere tower defense, quei giochino in cui il giocatore deve difendere una postazione da orde di nemici piazzando torrette sparaproiettili per la mappa. Bene, in questo caso la postazione è casa nostra, la mappa è il nostro prato, l’orda di nemici è formata da zombie magnacervello e le torrette sono… piante! Si, dovremo difendere casa nostra dagli zombie piantando nel giardino piantine sparasemi!

Il vivaio di piante-torrette che avremo a disposizione, sebbene all’inizio sia davvero modesto, col progredire del gioco conterà una 50ina di vegetali, tutti con le proprie peculiarità: si passa dalla semplice sparasemi alla patata-mina anti zombie che esplode non appena un morto vivente ci mette un piede sopra, dalla classica pianta carnivora che ingoia in un sol morso il primo zombie che le si avvicina (ma che poi sarà vulnerabile fino al termine della “digestione”) alla ciliegia esplosiva, dalle catapulte lanciacocomeri ai girasoli, fondamentali per aumentare la propria scorta di punti-sole, la moneta con cui possiamo piantare altre piantine. Il parco zombie è altrettanto vario, 25 specie diverse dallo zombie liscio al vecchietto che si incazza se gli distruggete il giornale prima che abbia finito il sudoku e al giocatore di football in completa tenuta sportiva, dallo zombie imbianchino dotato di scaletta allo zombie Michael Jackson, che se non farete fuori subito evocherà i suoi amici di Thriller.




I livelli della modalità principale sono 50 e dovremo difendere il nostro cervello prima nel prato davanti casa, poi in quello sul retro, dove c’è anche la piscina e dove arriveranno zombi dotati di salvagente… e zombi sub, e poi sul tetto, dove per ovviare ai problemi dovuti all’inclinazione del terreno di gioco dovremo abbandonare le piante tradizionali in favore delle catapulte e dove ci aspetterà anche lo scontro col boss finale

Finita questa che facciamo? Disinstalliamo? Noooooooo! I tizi della popcap hanno riempito il gioco di bonus: prima di tutto la modalità Puzzle, divisa in due sottogiochi a difficoltà crescente, dove in uno dei quali dovremo interpretare la parte degli zombie e cercare di arrivare alla casa divorando tutte le piantine difensive mentre nell’altro non compreremo le nostre torrette coi punti sole, ma le troveremo rompendo dei vasi dove potrebbero essere però nascosti anche i non morti (più facile a giocarlo che a dirlo); poi c’è la modalità minigames formata da 25 giochini molto simpatici, tipo il bowling con le noci, l’acquario degli zombi-sub, Beghouled (meccanica simile a quella di Puzzle Quest, in un giardino pieno di piante dovremo scambiarne di posto due adiacenti per formare file di tre o più vegetali uguali, così facendo scompariranno e lasceranno dietro di sé punti-sole utili a upgradare le torrette. Ah, nel frattempo ci sarà la solita orda da respingere) o Whack a Zombie, variante zombiesca del giochino della talpa e del martello (cazzo non mi viene in mente come si chiama -_-); dopo ancora c’è la modalità Survivor dove si potranno rigiocare le mappe della modalità principale resistendo a 5 ondate di zombie ma stavolta senza “azzerare” il giardino tra l’una e l’altra ma avendo invece la possibilità di migliorare le proprie difese tra u livello e l’altro.




Completando questi minigiochi si guadagnerà del denaro da spendere nel negozio di Crazy Dave, dove si possono trovare upgrade per le piante o semi da coltivare nel nostro giardino zen.

La grafica è completamente bidimensionale, il design delle piantine, come potete vedere dalle foto qua in giro, è molto puccioso e gli zombie sono rappresentati tutti in modo simpatico, le animazioni sono molto buone, tanto quanto gli effetti sonori

Non c’è molto altro da dire, un giochino semplice e spensierato ottimo per perdere un quarto d’ora di tempo. Provatelo.


Non c'ho voglia di rileggere. eventuali errori di ortografia saranno negli occhi di chi guarda

sabato 9 maggio 2009

[PS3] Flower


Prima di tutto, uno spunto di riflessione.
E' uso comune, escludendo il volgo videoludico dal contesto, definire un videogioco "artistico" quando esso si presenta in forma astratta, indifferente se naif o sobria, accompagnato da temi musicali commoventi e con innesti di gameplay classico piegati a scopi più aulici.
Premetto che non sono assolutamente d'accordo con questa definizione, poichè si finisce col confondere quello che è il messaggio emotivo di un gioco con i suoi contenuti ma mi adeguerò a ciò (fermo restando che l'emozione che si cerca di raggiungere in prodotti di questo genere è sicuramente più raffinata e merita maggior rispetto a scelte visive e esagitate di altri prodotti che ricadono in trucchi più pornografici e volutamente estremi, quindi di più facile impatto)
Giusto a onor di cronaca sono convinto che The Path goda dello stesso merito artistico di Resident Evil 4.
Bene, saltato questo inutile preambolo cercherò di descrivervi Flower, il nuovo gioco dei/l creatore/e di Flow presente (purtroppo) solo sul PlaystationStore di PS3, utilizzando una sola parole, che descrive veramente al meglio ciò che il gioco ha da offrire: 
Meraviglia.
Come funziona Flower?
Facilmente possiamo riassumere il concetto in questo: in Flower il giocatore, con l'utilizzo di un solo tasto e dei sensori di movimento del sixaxis (quindi per "spostarvi" dovrete inclinare il pad nella direzione in cui volete andare, sempre meglio che menare pippe all'aria col Wiimote eh :autocit: ) permette per la prima volta nella storia dei videogiochi  di impersonare il vento.
Difficile parlare di gioco in prima o in terza persona perchè fondamentalmente stavolta non "c'è" una persona fisica da inquadrare, non ci sono ne Hud ne segnalazioni particolari tranne alcuni voli pindarici della telecamera che ci suggerisci cosa fare in alcune situazioni particolari, c'è solo la presenza di brillanti e poetici prati verdi (ma non solo), l'unico modo che il giocatore ha per accorgersi della sua presenza all'interno di questo paesaggio bucolico (ispirato soprattutto da una scelta cromatica pressocchè perfetta) è dato dal muoversi dell'erba che ondeggia al suo passaggio, o dai petali dei fiori che vengono accarezzati e danzano nel turbinio dando vita a giochi visivi assolutamente splendidi (tra l'altro uno dei pochi giochi che finalmente riesce a usare l'effetto di Blur in modo equilibrato e ottimo, rendetevene conto evitando di muovervi e vedendo la camera che zooma lentamente sui petali che si librano in aria).
Come dice il titolo infatti, i veri "protagonisti" dei giochi sono i fiori.
Scordatevi immediatamente qualsiasi paragone con Viva Pinata o qualsiasi altra cosa abbiate in mente, in Flower il vostro scopo come vento sarà quello di "toccare" i fiori che crescono sui campi (ognuno di lorò rilascierà dei petali che contribuiranno a colorare la vostra scia e emetterà un suono che si accompagnerà alla veramente, stavolta è il caso di dirlo, magistrale colonna sonora) così da "spostare" i petali sui vari campi, in modo da progredire nel livello superando ostacoli e facendo crescere altri fiori.

Non fatevi fuorviare, questa sarà all'incirca la descrizione che troverete su un po tutti i siti che recensiscono Flower ma che è ben distante dal descrivere realmente il gioco.
Il tutto si compone da sei livelli che introducono, di stage in stage, delle varianti nello svolgersi degli eventi creando situazioni che, ve lo assicuro, lasciano assolutamente meravigliati per la semplice genialità e l'effetto scenico che riescono a creare.
Non ho letto molte recensioni in giro e non so come approccino la spiegazione della trama di Flower, poichè è difficile parlare di "trama" nel senso lato della parola, quanto piuttosto di una costruzione emozionale di alcune sensazioni e intuizioni a tratti davvero poetiche che portano, in un livello finale ispiratissimo come poche cose viste negli ultimi anni, a dare un senso molto concreto a qualcosa che rischiava di apparire come un esperimento visivo prettamente edonistico.
Cercherò di non dire di più, perchè la cosa migliore di Flower è proprio la scoperta, mondo per mondo, delle piccole variazioni, sia a livello di gameplay che di storia, che costruiscono un atmosfera che conquista, affascina e lascia veramente qualcosa dentro.


Vorrei, in ultimo, fare un piccolo appunto sul panorama Indie di quest'anno, che oltre questo meraviglioso Flower ha visto l'uscita di un altra perla, The Path.
Gioco diametralmente opposto forse nell'aspetto ma che condivide con Flower più di qualche punto di contatto.
In primis ho apprezzato veramente tanto, in entrambi giochi, l'assenza di qualsiasi menu "classicista" che introduca il giocatore al gioco.
L'assenza del classico schema di inizio pre-gioco dei menu e delle opzioni da al prodotto un aria affascinante e misteriosa, in cui si approccia con curiosità, non comodamente guidato dall'abitudinario "new game" ma fluiditamente introdotto al gioco in se senza fasi intermedie, il gioco e i "menu" sono da sempre due entità esterne e sconosciute l'una all'altra, pochi hanno provato a giocare con essi cercando di crearne fusioni simpatiche o interessanti (penso a Metal Gear Solid 2 col falso Game-Over) ma la scelta di privare questi prodotti di Hud, tutorial o qualsiasi strumento classico nella mano del giocatore è un brillante modo anche di presentare il gioco in modo differente.
Per rimanere nell'ambito delle similutidine, entrambi hanno un approccio simile nell'essere giocati e/ capiti.
C'è chi può provare Flower (o the Path, il discorso vale per entrambi) cercando di le meccaniche, che magari possono risultare anche semplicistiche, e rimanerne deluso, o smettersi di farsi domande sul come, quando e perchè, e  semplicemente lasciarsi trasportare nel fiume emotivo che il gioco cerca di proporre, godendoselo per quello che è, e lasciando gli spunti di riflessione a dopo.
Menzione d'onore per un aspetto sonoro assolutamente di primo ordine, il rumore delle foglie mosse dalla brezza, una struggente e quanto mai ispirata musica che si accompagna, sommandosi a piccoli effetti sonori generati che si sommano dando una notevole mano alla creazione dell'atmosfera.
Vorrei ancora fare un plauso all'ultimo livello di gioco, che raggiunge una potenza emozionale che non "sentivo" dai tempi di Rez, di cui Flower è per certi versi un degno, degnissimo erede.
Quindi in definitiva??? 
Per chiunque credeva che il dolce e nostalgico suono del vento fosse una figura retorica, prerogativa di poesia e letteratura, ecco la prova che si sbagliava.
Un concetto se vogliamo così "vecchio" da divenire un clichet ovunque inserito viene rinfrescato, sotto una chiave di lettura decisamente nuova e accattivamente, da un videogioco.
Scusate se è poco.
 

giovedì 7 maggio 2009

[WII]Klonoa


A me piacciono i platform, mi piacciono i livelli 2D coloratosi, i nemici grassotteli che zompettano sui prati fioriti, sta cosa de zompa sopra i nemici a forma de polletto bono che è sempre na gioia e tiene in forma,e l'allegra gioia de raccoglie le pietruzze sbrillucciocose e le monitine (o altre amenità varie) sparsi in giro per i selciati come se fossi na novella gazza ladra.
No sul serio ho sempre avuto il debole per i movimenti assiali a due dimensioni e i mondo colorati, è così che che mi decido a riaccendere il Wii dopo eoni di immondizia (compresa la mezza sola di Mad World) per provare Klonoa.

Certo che se per accendere una console "Nintendo" mi devono far uscire i remake di vecchi platform, per di più nati pure su Psx, mi suona tutto un po di presa per il culo (mai quanto Giana Sisters su DS ma vabbè) resta il fatto che il primo impatto con Klonoa è tutto sommato più che buono, la grafica è veramente decente e ispirata, non ai livelli di Galaxy ma è un 3D ben fatto che per essere un WII fa il suo discreto lavoro senza sembrare troppo vecchio o mal-fatto, e già questo è un gran passo avanti rispetto alla media produzione wiisitica(zzi).
Premetto che non ho giocato all'episodio Psx di cui questo è il remake quindi non so quante discrepanze o variazioni ci sono ma c'è da dire che il gioco di per se è molto semplice (o almeno nei primi livelli) e non offre un chissà quale grado di sfida ne di complessi enigmi (e manco di varietà di situazioni a dire il vero apparte le solite che ci si aspetta da un platform) e questo finisce per essere forse il problema maggiore.

Klonoa offre degli spunti di design nell'insieme 3D-2D che non sono niente male (I livelli sono praticamente in una specie di 3d con i vari path si incrociano non solo in altezza e lunghezza ma anche in profondità dando un buon senso di spaziatura, niente che non si sia visto in altre produzioni eh ma è fatto bene e rende bene la cosa)  ma anzi danno corposità e fisicità al mondo che si esplora altrimenti anonimo come al solito.
I sistemi di controllo, a quanto dice google, si adattano a tipo tutti i pad che ci sono per WII, io l'ho provato con solo wiimote, giocato tenendolo in orizzontale come in Paper Mario ed è comodo (tanto vi servono due tasti) ed evita la menata di tirare le pippe in aria come un beota col wiimote.
Ma a quanto pare c'è compatibilità anche con il nunchunk, classic pad, pad Gamecube e probabilmente pure 
Insomma oh tutto figo, tutto bello, tutto colorato prenno er califfone e corro ar negozietto de fiducia a ruballo!?
Nsomma, pensamoce du minuti.
Si perchè per quanto il gioco risulti divertente, leggiadro e caruccio a vedersi resta comunque un remake di uno dei primi giochi psx, e si sente, la giocabilità è abbastanza limitata (salta qua, salta la, prendi er trombone qua, fai secco il boss) e potrebbe risultare noiosa a lunga andare (anche se non credo duri chissà quanto) ma questo è un difetto comune a un po tutti i platform.
Insomma, merita?? se vi piace il genere, non avete giocato mai a Klonoa e volete un gioco facile, colorato ma tutto sommato godibile sicuramente si, è una bella scelta a cui pensare, per il resto non c'è un cazzo da fare, i tempi non sono ancora maturi per ritrovarsi fra le mani qualcosa tipo Tombi2, vero e proprio apice mai toccato dal genere.
E se non la pensate così andate affanculo.

domenica 3 maggio 2009

Resistance: Retribution


L'altro giorno era sul letto, che mi guardava lussuriosa e mi tentava, con le sue curve, le sue trasparenze, il suo fascino.
Una tentazione ghiotta, che illude ogni giovane giocatore, e che puntualmente svanisce quando la si cinge fra le proprie mani, e si sente solo il freddo e gelido tatto di un cadavere.
Eh si, perchè la psp oggi è questo, è un bellissimo cadavere, vestito e profumato, teneramente adagiato nella sua bara che, ironia della sorte, da il meglio di si quando osservata da spenta, con il suo schermo lucido e il design hi tech, che non quando la si accende e si vaga come anime dannate nei menu cercano uno, dico UN fottuto gioco che sia uno che vale la pena giocare.

Retribution, insieme a Patapon2, sono stati forse gli ultimi canti del cigno (si ok, si parla di una nuova line-up nel prossimo E3 ma ho i miei dubbi sulla cosa) di una console nata morta che come tutte ha offerto delle buone cose ma è caduta vittima della concorrenza spietata (e così si scopri che i bambini di oggi preferiscono Giulia passione cucina invece di sparare ai sorci esofari di pianeti diversi, fottute nuove gioventù di piccoli froci) e di un sistema di pirateria che ha portato Sony a, diciamo, folli scelte di mercato (in america Patapon2 viene venduto VUOTO, al suo interno trovate un pratico e comodo cartoncino con un serial per scaricare il gioco)

Ecco che quindi esce, forse un po in sordina, questo "spin-off" di Resistence, nuovo brand next-gen nato insieme alla PS3 che è riuscito nell'ingrato compito di saziare i primi famelici appetiti dei giocatori prima dell'entrata di Killzone2 sul mercato e che si presenta sulla sorellina minore della scaldapizzette Sony come un ottimo action game che però, a discapito di ogni rosea previsione, si è rivelato un bel flop economico, non so se come prequel, sequel o semplice riclo di ambientazioni perchè non ho giocato agli episodi su PS3, ma da ciò che si vede dall'introduzione si intuisce che si hanno tutti gli indizi necessari per seguire la (futile) trama e tutti i buoni motivi per fregarsene altamente e skippare i filmati in previsione della prossima sparatoria.



Fondamentalmente per inquadrare Retribution basta pensare prendere i vari episodi di Syphon Filter usciri per psp (non a caso è lo stesso team), sostituire che le ambietazioni simil-Metal Gear con atmosfere da COD5 e introddure alieni locustosi al posto dei teTeschi.
Scelta difficile da ponderare ma che tutto sommato funziona, dando a tutto un aspetto riuscito e tecnicamente apprezzabile.
Non solo, da Syphon Filter vengono ereditati i sistemi di comando che, chi avrà modo di giocarci saprà, sono la cosa su cui ognuno perderà almeno un paio di ore durante le prime partite.
A differenza di praticamente qualsiasi altro gioco mai uscito su un sistema di pad "standard" come quello PSP, i comandi sono sviluppati per estendersi (anche se cambiali da opzione) su una diversa configurazione rispetto a quelal che qualsiasi gamer di aspetta.
Tolto l'uso dei tasti dorsali, relegati come al solito allo sparo-granata, viene usata la parte destra della tastiera per i movimenti come una novella combo di WASD, e l'analogico a mo di mouse come classico puntatore.
Beh, all'inzio vien da bestemmiare, ma c'è da dire che fatta l'abitudine esce fuori che forse qualcuno doveva pensarci prima poichè il gioco viene strutturato su questi comandi che risultano comunque intuibili e ben progettati su una console che ha da sempre fatto della scomodità dei comandi uno dei suoi difetti maggiori.

Per il resto, ci troviamo di fronte a un action shooter a cui non manca niente, dalle varie armi ai sistemi di copertura, dai vari boss e mini boss, nemici, cecchino, tricche tracche bombe a mano raudi cd farsi, cocco bello e cetrioli freschi.
Che visto il desertico parco titoli della PSP non è affatto un male, ma anzi suona come una bella ventata di aria fresca.
Se non sapete insomma a che giocare mentre siete seduti sul cesso o in viaggio sull'autobus e la vostra età vi permette di essere scampati allo scempio di recchionagine che colpisce i giovani oggi potete sempre sparare a qualche alienozzo portatile che diciamolo, sarà fritto, trito e banale, ma c'ha sempre il suo perchè.


Live!


Guttentag viene dai documentari, dai primi cortometraggi di "You don't need to die" all'abbastanza famoso (ma non sapevo fosse suo) Twin Towers.
Non cambiano molto le carte in tavole in Live!, girato sotto forma di Mockumentary (si possa chiamare un genere in modo più ridicolo?) che appare troppo grottesco da sembrare minimamente reale facendo cadere tutto il baraccone metafilmico già dopo pochi minuti.
Live! parla di una giovane donna in carriera (incredibilemavero una Eva Mendes forse nel suo ruolo migliore)  in un emittente televisiva sull'orlo della crisi che da vita a un reality basato sulla roulette russa.
Punto.
Che vuol dire? che la "sottile" ma manco tanto critica che il film vorrebbe fare è giù ben chiusa fatta e finita nel concetto stesso, l'inutile rappresentazione dell'estremismo dei realità diventa una futile messa in scena di situazioni e frasi che non hanno niente da dire oltre il loro aspetto più superficiale.
Quindi è un brutto film? no, neanche tanto, si lascia seguire, ha un buon ritmo, ha una attrice che da una marcia in più con un ruolo cinico e ambiguo e dei buoni colpi di scena, nonchè una gradevolissima rappresentazione dell'ipotetico show della morte molto cinico e caricaturale che riesce meglio nell'intento di ricreare il dualismo televisivo e filmico nella tensione di vedere chi sarà il "fortunato" a beccarsi la pallottola facendo leva sullo stesso "becero" sentimento di morbosa curiosità sul chi muore e chi vive, che però assume una forma ben diversa da una scelta di pura finzione in un film e la bellissima abitudine di rallentare con la macchina vicino i luoghi degli incidenti per vedere se c'è un cavadere.
Fallisce piuttosto nel voler indagare sul fenomeno dei reality e sui loro scopi e metodologie che sono palesi sotto gli occhi di tutti ,senza che nessun film venga a proporne facili scandali senza poi offrire chiavi di lettura che non siano molto soffuse e superficiali.
Preso per un divertimento a se fa passare un ora piacevole, ma fermatevi lì, la satira e i temi sociali sono ben altre cose.
Piccola variazione sul genere molto più riuscita? la mini serie british Dead-Set, dove in un ipotetico show del grande fratello irrompono una mandria di zombie famelici e affamati.
Cattivo, cinico e iper violento, e senza false pretese di facili moralismi.
Insomma una prova buona, che avrebbe potuto dare molto di più, aprendo molte parentesi e spunti interessanti di cui parlare, ma non lo fa, e non va certo a me di scavare la dove il regista non ha voluto alla ricerca di verità pindariche da scoprire.

venerdì 1 maggio 2009

Criminal - Morti e Morenti

Criminal è una serie creator-owned (nel caso qualcuno non lo sapesse vuol dire che i diritti su storie e personaggi appartengono agli autori e non alla casa editrice) scritta da Ed Brubaker e disegnata da Sean Phillips, pubblicata negli Stati Uniti da Marvel Icon e in Italia da Panini Comics.
Nel bel paese siamo a quota tre volumi usciti, mentre negli stati uniti, dove siamo a 4, la serie è momentaneamente in pausa perché gli autori si sono dedicati anche a un altro progetto, Incognito.


Introduzioni fatte, che cos'è Criminal? è un noir moderno ambientato nel sottobosco criminale di una grande città degli Stati Uniti, popolata di rapinatori, gangster, truffatori, puttane, poliziotti. Volendola prendere più alla larga, Criminal è un mondo intero: pur essendo i vari archi narrativi-volumi assolutamente autosufficienti e indipendenti gli uni dagli altri, i personaggi di questa serie fanno parte della stessa realtà, della stessa città, frequentano gli stessi posti, vanno a bere nello stesso bar, e sono legati da vincoli che ad una prima lettura magari possono sfuggire, ma legano 3 generazioni di personaggi.
Il progetto di Brubaker è chiaro, scrivere un noir moderno moderno avendo però le radici ben piantate nella tradizione e, se nel primo volume si è parlato di una rapina e nel secondo di vendetta, nel terzo, quello uscito qualche settimana fa e di cui proverò a parlare nello specifico, si parla di ineluttabilità



Morti e Morenti è formato da 3 storie leggibili anche a sé stanti ma intrecciate l'un l'altra a filo doppio per raccontare una storia più grande, alla Pulp Fiction: un pugile che si appresta a lottare nell'incontro più importante della sua vita, un reduce del Vietnam che proverà a mettere a segno un grande colpo, una femme fatale che ha la possibilità di cambiare vita, ma viene richiamata al suo destino dall'eco della grande città. Il destino di questi personaggi è già segnato: sono morti e morenti, nel mondo raccontato da Bru un puglie nero non potrà mai liberarsi del suo passato, un reduce del vietnam non riuscirà mai a mettere a segno l'ultimo colpo, la ragazza nera non potrà mai stare col figlio del boss... sai che le cose andranno male già dal titolo, ma come al solito nel noir il punto d'arrivo non è tanto importante quanto i personaggi e la strada che decidono di percorrere per arrivare a quell'atteso, drammatico finale. I personaggi come al solito sono un cliché, i noir sono pieni di pugili falliti, figli di boss senza palle, reduci e puttane dal cuore d'oro, ma Bru riesce a portarli oltre lo stereotipo e a dargli profondità caratteriale anche con pochissime linee di dialogo.
Altro punto caratteristico della storia sta nell'ambientazione, perché mentre i primi due volumi erano ambientati ai giorni nostri gli eventi di questo si svolgono negli anni '70, anni in cui la società inizia a cambiare ed iniziano a cadere, ad esempio, le barriere di tipo razziale. Anche Phillips cerca di sfruttare l'ambientazione adattando il suo stile all'epoca, sembra rifarsi molto al gusto cinematografico di quegli anni, tanto è vero che per disegnare Danica secondo me ha googlato un bel po' di foto di Pam Grier. La struttura della tavola resta quella caratteristica della serie, le tre strisce divise in tante vignette quante servono alla storia, che vanno a formare quella griglia narrativa caratteristica, ad esempio, anche di watchmen: niente splash pages, niente pin-up, niente verticalizzazioni... Phillips, a ragione, non cerca la spettacolarità ma la drammaticità, e la ottiene anche grazie ai suoi inchiostri sempre perfetto.
ultima nota di merito al (o alla? non l'ho mai capito) colorista Val Staples, che non sarà Dave Stewart ma fa un lavoro comunque magnifico.

Questo è Criminal, uno dei migliori fumetti degli ultimi anni e una grandissima storia di genere.
Read or GTFO.