sabato 4 aprile 2009

Synecdoche New York


Siamo tutti un po fanboy di qualcosa, inutile negarlo, ci sono quegli autori capaci di creare un feeling particolare con ognuno di noi in cui il giudizio ludico e oggettivo tente un po a fottersi soppiantato da una sorta di quasi amore incondizionato.
E' il caso del cinema di Kaufman, che come tutte le cose non è perfetto, ma che santiddio ogni volta è sempre un piacere tuffarcisi dentro.
Prodotto (e un po anche girato su diciamocelo, la mano di Jonze si vede) dagli amici di sempre Kaufman esordisce alla regia scrivendo e dirigendo un film "grosso" dall'aria scanzonata ma abbastanza ambizioso (come ogni scritto di Charlie) nel volere ricreare un involucro pieno del suo savuarfar.
In Syndecdoche c'è tutto, c'è il meta-cinema, il meta-meta-cinema, c'è il grottesco e il surreale, c'è l'uomo che affronta l'esistenza con l'ironia amara che avevamo conosciuto nel Ladro di Orchidee e Spike Jonze.
Riciclo di idee o marchio d'autore?? il confine è sempre labile, quello che conta è che la premiata ditta di New York riesce comunque a tirare fuori prodotti, con piu alti e bassi, a volte calcando un po troppo la mano, a volte meno che regala piccole perle di emozioni ( il gioco delle fate tra padre-figlia mi ha strappato un autentico brivido) ma che è capace di smuovere, di far parlare e pensare.
Siamo di fronte a una regia abbastanza solida, e la solita sceneggiatura intricata e andante, dove realtà e fantasia giocano a mischiarsi tra loro lasciando una gradevole sensazione di stordimento, siamo di fronte a un titolo ambizioso, imperfetto, un impalcatura sempre più grande che pecca di una vera e propria "linea guida" ma proprio per questo sentito, passionale, autentico come il vero cinema d'autore. 
E' il bello di Kaufman, sai sempre cosa aspettarti, o come aspettartelo, e ogni volta riesce a essere soddisfacente.
E per fortuna che c'è ancora cinema così, davvero.

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